Il 2020 è stato un anno difficile, anche per noi.
La brusca frenata di marzo lì per lì ci ha lasciati disorientati, ma ci ha offerto la possibilità di riflettere sulla direzione che avevamo preso.
Nei quattro anni precedenti, mossi dall’entusiasmo e dai numerosi riscontri positivi che via via venivamo raccogliendo, avevamo spinto sull’acceleratore più di quanto non ci fossimo promessi di fare, pur restando fedeli alla scelte radicali ben sintetizzate nel nostro Manifesto.
Da qui l’interrogativo: salviamo l’azienda e appena finisce la pandemia ripartiamo da dove eravamo rimasti, o salviamo il progetto e ne recuperiamo la dimensione originaria di micro-panificio sperimentale?
La risposta non era scontata, perché sacrificare l’azienda per il progetto – che è quello che alla fine abbiamo scelto di fare – significava fare delle rinunce, prima di tutto in termini umani (i nostri dipendenti), ma anche in termini di produzione e quindi di diffusione del progetto stesso attraverso il suo principale ambasciatore: il pane.
Non si trattava tanto di trovare un’altra volta il coraggio di fare una scommessa col futuro: si trattava di trovare il coraggio di smontare e rimontare una macchina con delle grandi potenzialità ma nella quale non ci riconoscevamo più, o quanto meno non del tutto.
Come mettere d’accordo, quindi, il ridimensionamento del progetto con la volontà di non relegarlo alle quattro mura del nostro laboratorio?
La soluzione era già scritta nell’oggetto sociale di Anticamente, datato dicembre 2015: oltre alla produzione e alla vendita di prodotti da forno (che continuerà con le modalità attuali) e all’organizzazione di filiere agroalimentari (a partire dai nostri 12 ettari in quel di Altino, condotti in stretta sinergia con gli amici dell’Agriturismo De Faveri), avevamo previsto anche l’ideazione e la gestione di un programma di affiliazione che prevedesse l’utilizzo di format e modelli replicabili.
Qualcuno penserà a un franchising; noi preferiamo parlare di incubatore o acceleratore di attività imprenditoriali legate al mondo della panificazione vera e coraggiosa. E questo sarà il nostro “buon proposito” per l’anno nuovo.
Anche se quello che stiamo per dire a più di qualcuno non piacerà, noi non ce la sentiamo di liquidare il 2020 come un anno di merda. Non ha senso prendersela con un anno o con un virus quando il più delle volte siamo noi, con le nostre azioni, a condizionare la nostra salute, fisica e mentale.
Perciò non ci vergogniamo a dire che il 2020 si è concluso per noi con un bilancio positivo (infrangendo anche questo nuovo tabù linguistico…). Un bilancio che si scrive in cifre ma si legge in lettere…
16.000 i chili di pane prenotato e sfornato
10.500 i chili di farina consumata, di soli grani antichi macinati a pietra
3.400 i chili di lievito madre usato in purezza
3.800 gli ordini ricevuti tramite la nostra applicazione
84 i giorni di produzione
330 i quintali di grano raccolti nel 2020, di cui
170 prodotti dalle nostre terre di Altino
0 i grammi di pesticidi, diserbanti, concimi chimici buttati sui campi
7 gli ettari di terreno attualmente coltivati a grani antichi
5 le varietà coltivate: farro Monococco, Gentilrosso, Miscuglio, Piave, Khorasan
2.000 i metri quadrati di campo catalogo grani
2.000 i metri quadrati di orto sinergico
Senza dimenticare le apparizioni sulla stampa e gli inviti a presenziare ad eventi, inferiori per numero rispetto al 2019 (per ovvie ragioni…) ma comunque importanti, come l’inaspettata riconferma sulle pagine della guida Pane & Panettieri d’Italia del Gambero Rosso e la testimonianza portata a Dialoghi D’Impresa organizzato dall’Università Ca’ Foscari Venezia in qualità di azienda innovatrice.
Un abbraccio a tutti e – come si usa dire – buon anno!
Mirko & Damiano